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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254905
Saltini, Guglielmo Enrico 34 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

quartiere Napoleone ai Pitti, gli ornati delle sale dell’Iliade e d’Ercole nella galleria di questa istessa reggia, e finalmente la facciata anteriore e la

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. Costruì poi nel gran cortile la magnifica scala che dà comodo accesso ai quartieri del lato sinistro, e dal breve spazio a ciò destinato, che non pareva

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dell’istituto. Le cose sue principali sono la chiesa d’ordine dorico ai bagni di Montecatini (1824), la loggia reale per le pubbliche feste tutta in

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del Patriarca, al Tribunale Criminale, all’Archivio Generale ai Frari e alla chiesa di San Silvestro. — GIUSEPPE PIANIGIANI di Siena (n. 12 maggio

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, si rifugiò in Francia, e lo pose ai primi studj nel collegio di Sorreze. Di là il giovinetto passava alla Scuola Normale di Parigi, e poi in quella

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annesse, a San Donato nei contorni di Firenze dal 1828 al 31; e per essere stato il primo ai nostri tempi, che facesse un disegno per la facciata di

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Maria Del Fiore. Starebbe ai nostri artisti compire il gran monumento d’Arnolfo, di Giotto e del Brunellesco; e se non rimarranno inferiori a sè nel

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la Scultura era anche in più infelice condizione, avendo affatto perduto ogni traccia dei buoni studj. Uno sguardo agli ornati, ai bassorilievi, alle

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metropoli. Ma per quanto non mancasse lo Spinazzi di sapere e di gusto, per quanto conoscesse a maraviglia il meccanismo dell’arte, educato anch’esso ai

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del divino poeta, sono in dimensioni colossali l’Italia che lo addita superba ai riguardanti, e la Poesia che desolata depone la sacra fronda sull’urna

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non fare così subita dipartita. Più in basso ai quattro angoli posano altre quattro figure che simboleggiano le qualità del defunto. La prima è la

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Pisa sulla piazza di Santa Caterina, la bella statua colossale di Pietro Leopoldo, avvolta nel romano paludamento e in atto di porgere ai Pisani le

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Ora secondo il nostro costume seguiteremo prima a parlare degli artisti mancati alla vita, per accennar poi brevemente ai viventi. FRANCESCO Pozzi di

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indefessamente se ne rese padrone, tanto da meritare nome tra i migliori. I suoi fregi e bassorilievi nel quartiere della Meridiana ai Pitti, i due

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ritoccature, mostrandone! conservare i più delicati rilievi e sottosquadri della forma tale maestria, non più veduta ai nostri tempi.

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tramandare con le opere ai figliuoli. Chè se questo rimprovero va senza restrizione di sorta ad ogni parte della penisola, molto più grave convien farlo a

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detto di lui anche troppo. — GAETANO PIATTOLI (n. 1703, m. 1770 circa), seppe di pittura tanto quanto faceva mestieri ai suoi tempi per esser tenuto in

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dipinto prima d’ottenere codesto ufficio, nulla più fece poi; e abbandonati affatto i pennelli, parlò sempre ai giovani scuolari, ma non disse loro pure

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primato nella pittura. Descriverlo non ci concede il tempo, nè d’altra parte lo stimiamo necessario ai nostri intendimenti; basti il dire che finitolo

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per far riscontro al suo al Sabatelli, che vi dipinse Abigail ai piedi del re David. Fu questo il più grandioso dei suoi lavori a olio; sebbene i tre

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principii dell’arte, giovinetto ancora concorse ai temi proposti dall’Accademia milanese, e due volte ottenne il premio; la prima (1805) con un gran

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Tutto quanto si racconta in questo libretto intorno ai principali architetti, scultori, pittori e incisori toscani, che sono stati da mezzo il secolo

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pregi del Bezzuoli; ai quali quando si fosse congiunto maggiore studio nel comporre, un po’di parsimonia nella tavolozza, e tal volta più cura nel

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’Apelle, ai Pitti, la caduta dei gravi nella Tribuna di Galileo, quella stupenda Follia che guida il carro d’Amore in una sala del palazzo Gerini in

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altro nei freschi. E sebbene oggi le opere che fece non sieno in fama come ai tempi della sua giovinezza, non possono negarglisi pregi nella

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quadro a olio, Aiace Oileo che in onta ai numi tenta salvarsi dalla procella, mancò tra le braccia paterne. Il miracolo di Sant’Antonio, che ebbe fine

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del Benvenuti, si fece presto una maniera propria e secondo quella operò. Il primo suo quadro giovanile, l’Erminia che scuopre il bel sembiante ai

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istorie artistiche non ignorano affatto, ebbe più vera e propria vita ai tempi del granduca Cosimo I de’ Medici, che con forte dispendio fondò un ricco

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di figura cinquant’anni fa, era stimata opera da levarne il pensiero, l’averla ai nostri tempi tentata e con ottimo risultamento, dimostra chiaro i

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valent’uomini, insieme ai quali fondò poi la celebre Accademia delle Belle Arti di Londra; in pochi anni colle sue vaghissime incisioni riuscì a farsi

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dopo la morte del padre, attese assai alle cose toscane, come mostra quel suo bel trovato per dare qualunque figura ai tartari, che si depongono dalle

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, dette mano ai ferri per ritrarre sul rame la sua fatica. Ma a un tratto infermatosi, moriva lasciando poco più che contornato questo Cenacolo.

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Marchese, che sta in fronte ai suoi Scritti varj nell’edizione del Le Monnier, e l'altro di Giovan Battista Niccolini fatto recentemente per

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, riformata (1785) sopra più savi ordinamenti. Nel 1773 edificò ai bagni di Montecatini le tre principali fabbriche, oltre il regio palazzetto, cioè le

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